Era un giorno qualunque alla stazione di Ancona, non ricordo neanche come mi trovassi lì. Le vacanze erano appena finite e stavo aspettando il treno per tornare a casa. Fisso, fermo di fronte al binario, ascoltavo il rumore dei passeggeri che vagavano senza una meta a me comprensibile, mentre il brusio di fondo fluiva alle mie orecchie attraverso quell’aria afosa e pesante che saliva dal marciapiede rovente. La mia tranquillità era interrotta solamente dai meccanici gesti per controllare l’ora al cellulare.
D’un tratto uno strano tizio mi si para davanti. Aveva degli occhiali viola, vestiti stropicciati, una bustina in mano e un lieve strato di saliva biancastra spalmata sugli angoli della bocca. Con una scusa qualunque mi chiede qualche soldo, attacca una conversazione e mio malgrado si ostina a diventare mio compagno di viaggio nonostante i miei tentativi di seminarlo tra i vagoni del treno. Con il viso segnato dalle intemperie e lo sguardo consumato di chi cerca di vivere il presente alla giornata, tenta di instaurare un rapporto, ma della sua sconnessa conversazione mi arriva solo il suo alito etilico. Quando il controllore sancisce la fine della nostra amicizia cacciandolo dal treno perché sprovvisto di biglietto, l’unico altro passeggero della carrozza, lo deride, cercando il mio sguardo, ma subito dopo lo compatisce con quel tono di chi sa di cosa sta parlando.
Con il viso segnato da brutti trascorsi e con lo sguardo acceso di speranza di chi si proietta con sollievo al futuro, mi raccontava i suoi momenti passati sulla strada di stazione in stazione, in cerca di ripari per passare la notte e di qualche spicciolo per sopravvivere. Questa sarebbe stata la sua vita se non si fosse riscattato con l’aiuto di una comunità che gli ha offerto un impiego per aiutare quelli nella sua condizione.
Anche per lui arriva il momento di lasciare il vagone. Ora, dopo tanto tempo nella sua vita, il treno non è più un rifugio per la notte ma è il mezzo che lo porta alla sua vera casa, a cena da suo figlio. Credevo che d’ora in poi avrei continuato il viaggio da solo riflettendo a quanto spesso la realtà superi la finzione, ma ben presto un vecchio passeggero canuto e brizzolato occupa quello stesso sedile ancora stropicciato dal viaggiatore precedente. La conversazione nasce da sola, con il viso segnato dall’età e con lo sguardo sereno di chi ricorda con nostalgia il suo passato, il vecchio mi raccontava a suon di bestemmie la sua gioventù trascorsa in Europa.
Il nostro viaggio termina al capolinea e mentre le nostre strade si dividono lo seguo con lo sguardo svanire lungo la banchina del binario.
Io, con il viso solcato da un sorriso e lo sguardo fisso nel vuoto di chi riflette su quante persone, quante storie e quante anime si intrecciano ogni giorno sui treni, mentre noi non ci facciamo caso, mi volgo verso l’uscita che dà sulla strada. Il bagliore caldo del sole mi acceca la vista ed una folata di vento torrido dissolve l’ultimo pensiero.